Arbitri anche nel mondo: sei nuovi Internazionali

SONDRIO – Forma impeccabile, vista infallibile e grande determinazione: questi gli elementi indicati da Pierluigi Collina che devono contraddistinguere i fischietti a livello europeo e internazionale. Gli arbitri italiani sono da sempre considerati un esempio al livello mondiale e negli ultimi mesi si sono aggiunti altri sei italiani Internazionali sotto la guida della UEFA.

Lorenzo Manganelli, Lucia Abruzzese, Angelo Galante, Gionni Matticoli, Giuseppe Melfi e Fabio Gelonese (della sezione di Milano) sono i nuovi Internazionali che da Gennaio sono entrati a far parte dell’organico FIFA e UEFA. I colleghi si sono saputi distinguere positivamente a livello nazionale e sono pronti per affrontare una nuova avventura, ricordando sempre di “dare il massimo e migliorare gara dopo gara”, come ricorda Gelonese.

L’attività da Internazionale per gli arbitri è caratterizzata da grande professionalità e di un approccio agonistico e elegante allo stesso tempo. Come ricorda Dallas (quarto arbitro della finale di Coppa del Mondo del 2002) “ora gli arbitri vengono esaminati dagli esperti e non possono nascondersi”, a testimonianza del fatto che l’arbitro si trova in ogni gara sotto esame e stimolato a migliorare.

Gli arbitri, anche a livello locale, devono sempre trovarsi pronti ad affrontare qualunque situazione con la massima serenità e prontezza. Il controllo delle situazioni tese e la lucidità completata dalla capacità decisionale in pochi secondi sono condizioni necessarie per condurre al meglio l’attività di arbitro. Come ricorda Webb: “nel tempo ho imparato che bisogna sempre credere in se stessi”.

Tre nuovi arbitri per Sondrio

Zaroli mentre spiega un caso tecnicoSONDRIO – Il calcio non è popolato solo da giocatori e squadre, ma anche da arbitri e passione. Queste due parole rappresentano una fetta importante delle partite che ogni weekend di svolgono su migliaia di campi da calcio in tutta Italia. Nel corso della stagione in corso la Sezione AIA di Sondrio ha visto crescere il suo organico con ben 18 nuovi direttori di gara: risultato storico.

Giovedì 19 aprile a Morbegno si è tenuto l’esame finale della seconda edizione stagionale del Corso Arbitri. I colleghi Renato, Andrea e Francesco hanno presieduto la commissione che ha valutato tre aspiranti arbitri. Leoni Francesco (15 anni di Sondrio), Mainetti Manuel (27 anni di Sondrio) e Manzella Giuseppe (27 anni) sono i nuovi direttori di gara che presto potranno esordire sui campi provinciali.

All’inizio della prossima stagione si terrà la nuova edizione del Corso Arbitri aperto a tutti i giovani dai 15 ai 35 anni di età che volessero provare questa attività. Il Corso Arbitri consiste in lezioni frontali teoriche e pratiche durante le quali gli aspiranti arbitri vengono adeguamente formati per sostenere l’esame. La prova finale è caratterizzata da tre prove: tema motivazionale, quiz tecnici e colloquio teorico.

Per chiunque fosse interessato ad intraprendere la carriera di arbitro di calcio può trovare tutte le informazioni necessarie nella pagina dedicata al Corso Arbitri oppure chiedere informazioni alla segreteria all’indirizzo e-mail: aia.sondrio@libero.it.

Quesiti Tecnici (n. 5/2011) – parte 4

Se durante un’azione di gioco, un calciatore della squadra attaccante scivola e si trova sdraiato a terra leggermente dietro alla linea di porta, fra i due pali, questo sarà logicamente da considerarsi fuori dal terreno di gioco, per cui non potrà essere in fuorigioco. Mentre questo calciatore si trova a terra, il pallone arriva ad un compagno che tira in porta, ma la palla viene respinta da questo giocatore che si trovava dietro alla linea di porta non permettendo a questa di varcare interamente la linea, come dovrà comportarsi l’arbitro?

La questione può essere risolta, per l’evidente similitudine, in analogia al principio inserito, dal luglio 2009, in modo esplicito nel Regolamento (e del quale rispetta identica logica): “Ogni calciatore difendente che esce dal terreno di gioco per qualsiasi ragione senza l’autorizzazione dell’arbitro, dovrà essere considerato, ai fini del fuorigioco, come se fosse sulla propria linea di porta o su una linea laterale fino alla prima interruzione di gioco”.
Nel caso proposto, quindi, l’arbitro dovrà assegnare un calcio di punizione indiretto per la squadra difendente dalla linea di porta (o, per essere più precisi, trovandosi in corrispondenza dell’area di porta, da un punto qualsiasi di detta area) perché il calciatore a terra, sebbene involontariamente, toccando il pallone ha partecipato “in modo attivo” al gioco.

(Fonte: L’Aritro n. 5/2011)

Un triplice fischio eccheggia in Valtellina

La Famiglia Ruffoni: tre arbitri della ValtellinaARDENNO – Due arbitri appartenneti alla stessa famiglia sono un caso raro ma tutto sommato riscontrabile. Tre associati dell’AIA, sotto lo stesso tetto sono invece un po’ meno facili da trovare. La famiglia Ruffoni della Sezione di Sondrio è un esempio di questo raro “fenomeno”. Seguendo le orme di papà Pierantonio che nel lontano 1982 decise di indossare la divisa di arbitro facendo il proprio ingresso nell’Associazione, sono diventati arbitri effettivi nel 2006 il primogenito Alessandro e nel 2011 la seconda figlia Annalisa. Una “terna in famiglia”, come ama spesso dire Pierantonio, orgoglioso di aver portato entrambi i figli nella nostra associazione. E in terna, effettivamente, hanno anche diretto un paio di partite nei tornei estivi federali. “Un’emozione particolare – ricorda la più piccola, Annalisa – tutti e tre insieme sullo stesso campo a dirigere una partita!”.

Incontrandoli la domanda sorge spontanea: perché non è diventata arbitro pure la mamma Elena in modo da avere tutta la famiglia in giacchetta nera? “Non ne capisco nulla di calcio, basti pensare che in più di vent’anni non sono ancora riuscita a farmi spiegare così’è il fuorigioco!”, ci risponde Elena. “E poi il mucchio di divise sporche della domenica sera lieviterebbe ulteriormente – continua scherzando – se dovessimo aggiungervi anche le mie! Diciamo che tre arbitri in famiglia bastano e avanzano!”, conclude seria.

Ma procedendo con ordine chiediamo a Pierantonio, 45 anni e agente di Polizia Locale, di raccontarci un po’ della sua avventura nell’Associazione, ponendogli la più classica delle domande: perché hai scelto di diventare arbitro? “La scelta è stata determinata dal fatto che avevo un cugino che già arbitrava. Spesso mi parlava di quanto fosse bello far parte di un’associazione e di essere in campo a dirigere un incontro. Spinto dalla curiosità, mi sono iscritto al corso arbitri e ho provato ad arbitrare. Piano piano – continua Pierantonio – è nata in me la passione per quest’attività. Il duro allenamento e la voglia di fare sempre meglio mi hanno portato dove sono arrivato”.

Lo “stato di servizio” di Pierantonio è, infatti, ineccepibile: arbitro dal 1982, una brillante carriera che lo ha portato fino alla massima categoria regionale, per poi vederlo passare al calcio a 5 con dieci anni di permanenza ai campionati nazionali fino alla Serie A1. Tre anni fa’, dopo la lunga carriera sui terreni di gioco, diventa osservatore del calcio a 5, ruolo che ricopre tuttora a disposizione della CAN 5.

Dal 2006 è sceso in campo anche il figlio maggiore Alessandro, 21 anni e studente universitario, che dopo tre stagioni all’Organo Tecnico Sezionale è salito in Prima Categoria. Da questa stagione arbitra in Promozione. A lui chiediamo cosa l’ha convinto a seguire le orme del padre: “Da bambino con la mamma andavo ogni tanto a vedere arbitrare il papà sui campi da calcio locali – ricorda Alessandro – e oltre anon capire perché non lo potevo salutare, ero ammirato dal ruolo che ricopriva. A quindici anni poi, non essendo molto portato per giocare al pallone, decisi di seguire il suo esempio. L’idea di fare l’arbitro non mi spaventava, anzi consideravo la scelta di intraprendere quella carriera al apri dai diventare calciatore piuttosto che nuotatore, non ci ho mai visto nulla di strano. Spesso quando mi si chiede che sport pratico e rispondo che faccio l’arbitro il mio interlocutore appare prima stupito e poi curioso di capire il perché della mia decisione, considerando tale scelta un po’ strana per un ragazzino di 15 anni!”.

Ultima arrivata ma non meno meritevole di spazio è la più piccola in casa Ruffoni: Annalisa, 16 anni e studentessa al liceo. Dopo il corso arbitri ha iniziato a dirigere nel girone di ritorno della stagione 2010/2011. Tuttora arbitra stabilmente nella categoria allievi ma spera in un passaggio alla Juniores prima della fine della stagione. “Ho deciso anch’io di diventare arbitro – racconta Annalisa – perché innanzitutto sono sempre stata appassionata di calcio. Da sempre in casa si parlava di arbitraggio e mi piaceva l’idea di misurarmi in quello che succede in una partita. Essere un arbitro donna lo avrei pensato più difficile, in realtà mi rendo conto che noi donne siamo facilitate ad esempio per quanto riguarda le proteste: i giocatori sono spesso intimoriti dal fatto che l’arbitro sia del gentil sesso, il pubblico evita di urlare insulti pesanti e che innervosiscono le partite e ne conseguono così gare più tranquille e giocate”.

Avere tre componenti della stassa famiglia iscritt e operanti nell’Associazione Italiana Arbitri: un caso raro in Italia, unico in Lombardia. In Valtellina succede: quando il triplice fischio è di famiglia!

Un articolo scritto da:
A.E. Andrea Ciaponi

(Pubblicato su L’Arbitro n. 1/2012, pp. 40 – 41) – Versione PDF

Tragedia Morosini: campionati sospesi

Tragedia in campo: Morisini ha un arresto cardiaco durante una partitaSONDRIO – Ieri pomeriggio nella gara tra Livorno e Pescara, giocata in Abruzzo, è accaduta una tragedia che nessuno vorrebbe mai si verificasse. Piermario Morosini, giocatore del Livorno, al 31′ del primo tempo si è accasciato a terra a causa di un arresto cardiaco, subito soccorso è stato trasportato all’ospedale locale dove per un’ora e mezza i medici hanno tentato di rianimarlo senza successo.

Il campionato di Serie A è stato immediatamente sospeso e rinviato a data da destinarsi (25 aprile) e in concomitanza sono stati rinviati tutti i campionati di tutte le categorie per decisione della FIGC. La scelta è apparsa scontata e conseguente dopo quanto accaduto in campo.

La Fifa testa a Udine il futuro tecnologico del calcio

La Fifa studia un metodo per rilevare il gol fantasma.SONDRIO – Il futuro del calcio probabilmente si avvicinerà alla tecnologia, almeno questo è quanto si intuisce rispetto ad alcuni progetti di ricerca promossi dalla FIFA. A Udine già dalla stagione 2003/2004 è iniziata la ricerca per sperimentare uno strumento automatizzato per rilevare il cosiddetto gol fantasma.

I test sono svolti da un istituto svizzero guidati da alcuni osservatori della FIFA, tra cui il dirigente FIGC delegato da Abete Michele Uva, rigorosamente a porte chiuse. Il sistema, denominato gol line technology, si basa sull’utilizzo di telecamere ad elevata tecnologia in grado di rilevare 280 immagini al secondo. Le registrazioni vengono poi inviate a un computer centrale che elabora i dati per definire se effettivamente il pallone abbia superato o meno la linea di porta.

La problematica principale di questo esperimento deriva dall’effettiva correttezza della valutazione del sistema centrale, che potrebbe essere inficiata dalla prospettiva falsata delle riprese e da altri fattori difficili da controllare. I test da parte della FIFA sono ancora in piena attività nel tentativo di dare una risposta certa al problema.

Nel frattempo, il Presidente AIA Marcello Nicchi si è dichiarato favorevole nell’adozione degli arbitri di linea per le gare di serie A. La sperimentazione della UEFA sul fronte arbitri di linea, infatti, si sta dimostrando positiva in quanto la collaborazione in campo appare fornire risultati positivi.

Intervista a Lorenzo Ferrandini

Lorenzo Ferrandini

Lorenzo Ferrandini

SONDRIO – Lorenzo Ferrandini è il simbolo in tutta Italia della Sezione di Sondrio. Lorenzo ha il merito di essere arrivato nella massime categorie nazionali del calcio a undici e ha scritto (anzi lo sta ancora facendo) un’importante pagina della Storia della nostra Sezione. Recentemente ho avuto l’occasione di intervistarlo con l’obiettivo di capire e far capire (in particolare ai giovani colleghi arbitri) quanta dedizione e fatica sia necessaria per raggiungere certi obiettivi ambiziosi.

Caro Lorenzo, nella Sezione di Sondrio non si può parlare di Arbitrare senza far riferimento a te e alla tua lunga carriera ricca di esperienze. Per cui inizierei questa intervista con una domanda difficile, ma allo stesso tempo basilare per l’approccio di questa attività: Arbitrare che cosa significa?
Arbitrare significa tantissime cose… è prima di tutto uno sport, che vive principalmente di regole e regolamenti, di vita associativa, di sudore, allenamenti e viaggi, spesso da soli… è un esame continuo, è capacità di accettare giudizi a volte difficili da condividere, è felicità per una prestazione eccellente e delusione per un errore o una caduta… è conoscere gente e luoghi diversi… è lavorare per migliorarsi settimana dopo settimana, raduno dopo raduno… è maturità nel capire i propri limiti e lavorare per spostarli un po’ più avanti… è sacrificio per il tempo tolto alla famiglia e ad altre passioni… è l’odore dell’erba appena tagliata prima di una partita in notturna… è guardare il pubblico che riempie gli spalti durante il riscaldamento pre-partita… è impazienza di dare il fischio d’inizio… è dettare i tempi di un’orchestra di cui sei parte attiva…

La tua carriera sul campo è stata lunga, ma come in tutte le esperienze ha avuto un punto di partenza. Quando hai iniziato avresti mai creduto di poter arrivare ai massimi livelli nazionali?
Quando si inizia un’attività credo sia legittimo aspirare ad arrivare più in alto possibile, cercando però di tenere sempre in conto – con la necessaria onestà intellettuale – i propri limiti e le proprie possibilità, anche in relazione al tempo ed all’impegno che si possono dedicare all’attività. Quando ho iniziato ad arbitrare, dopo un veloce periodo di ambientamento nelle categorie giovanili, i risultati mi hanno portato a pensare di poter ben figurare a livello regionale, quindi in serie D a livello nazionale, e poi in serie C, finché i miei limiti o quelli imposti dai regolamenti me lo hanno permesso.

L’esperienza nel nostro caso è data da decisioni e da partite da gestire tentando di dare sempre il meglio. Qual è stata la partita che sempre ricorderai?
Beh, ce ne sono tante… l’esordio prima di tutto… giovanissimi provinciali: Tiranese – Hard Sondrio al campo di Tovo S.Agata ai primi di ottobre del lontano 1991. Da un campo di periferia ad un tempio del calcio… come scordare la prima volta che sono entrato sul terreno del Meazza da quarto uomo in Milan – Lazio… Oppure ancora Genoa – Ravenna, come arbitro in serie C, di cui ricordo con un brivido i colori e il frastuono di Marassi…

E Qual è la partita nella quale sai di aver dato il meglio di te?
Sicuramente una delle mie migliori prestazioni arbitrali è stata Giulianova – Teramo, al quinto anno di serie C… un derby sentitissimo in posticipo e diretta TV, con successiva impepata di cozze all’una di notte!!!

Come in tutte le esperienze, anche nella nostra capita di avere delle difficoltà, che certo sono uno stimolo per crescere con continuità e costanza. Quel è la partita nella quale non sei riuscito a dare il meglio di te?
Anche in questo caso ce ne sono tante, al punto da confonderle e dimenticarle… L’importante dopo ogni gara è cercare di capire le cause di una prestazione sottotono e lavorare poi per migliorarsi.

Dal 1991, anno del tuo esordio, fino ad oggi hai vissuto campi e realtà molto diverse, hai viaggiato in tutta Italia e hai certamente fatto esperienze rare e uniche. Pensando a tutto questo, qual è stato il momento migliore della tua carriera?
Sarei felice se il momento migliore fosse quello che deve ancora arrivare… Guardando indietro, sicuramente le maggiori soddisfazioni sono arrivate negli ultimi anni della serie C, nei quali posso dire di aver raggiunto la mia massima maturità arbitrale e – nonostante il grande impegno che la categoria richiedeva e le non poche difficoltà di conciliare l’attività arbitrale con il lavoro e le relazioni affettive – ho cercato di cogliere al meglio anche molti aspetti di contorno dell’arbitraggio, quali le relazioni umane con i colleghi, la scoperta di luoghi e città nuove, una certa goliardia in occasione dei numerosi raduni… in altre parole il divertimento dentro e fuori dal campo…

La vita è un percorso fatto di alti e bassi, nei quali una persona costruisce la propria personalità ed esperienza. Hai avuto un momento particolarmente difficile nel corso della tua carriera? Come l’hai superato? Dove ne hai trovato la forza?
L’arbitraggio, come ogni altra attività, presuppone che il proprio operato sia giudicato da altre persone, ciascuna con il proprio bagaglio personale, culturale, professionale. Come ogni arbitro anch’io ho vissuto diversi momenti in cui ritenevo ingiuste certe valutazioni oppure non riuscivo ad emergere nonostante fossi convinto di meritare di più (due anni e mezzo in prima categoria direi che sono un bel colpo!), nel corso del quale ho più volte pensato di abbandonare con l’arbitraggio e dedicarmi ad altri sport. Ma la passione, l’orgoglio, la mia cocciutaggine da montanaro, una certa dose di umiltà e senso di autocritica, unite a quel pizzico di fortuna rappresentato da un Organo Tecnico che ha visto in me delle qualità che altri prima ritenevano non ci fossero, mi ha permesso di uscire dal “pantano” in cui mi ero arenato e di lì in brevissimo tempo passare in Promozione, Eccellenza e quindi in serie D, allargando quindi gli orizzonti a livello nazionale.

Finita la tua lunga e gratificante carriera sul campo hai colto l’occasione di affrontare il campo da un punto di vista differente, ma allo stesso tempo stimolante. Come ci si sente ad essere diventati un “formatore per arbitri”?
La formazione arbitrale comprende moltissimi aspetti: quello regolamentare, quello comportamentale, quello motivazionale. Sono però convinto, come molte volte ho sentito da Organi Tecnici e Dirigenti durante il mio percorso arbitrale, che “prima dell’arbitro viene l’uomo”. Ogni sforzo formativo deve partire da qui e deve tenere conto di questo concetto, in relazione all’età dei ragazzi e delle ragazze con cui si lavora, alla categoria in cui si opera, al ruolo che si cerca di valorizzare. Ritengo poi, soprattutto quando si parla di giovani che si affacciano all’attività arbitrale, che la trasposizione dell’esperienza di chi ha vissuto situazioni e contesti di alto livello possa essere un grande stimolo per aumentare la curiosità, la voglia di fare e l’impegno nell’attività… Bisogna trovare il modo, a mio parere, di “nutrire la passione per l’arbitraggio”! Se non c’è passione, o se viene meno col passare del tempo, credo che la sola cosa da fare sia cambiare sport!!!

Ho aperto questa intervista chiedendoti cosa fosse arbitrare. Ma come ogni arbitro ben sa, l’arbitraggio non può prescindere dalla “casa madre” rappresentata localmente dalla Sezione e a livello nazionale dall’AIA. L’AIA per te che significa?
La prima “A” è molto importante… Associazione… Ben conoscendo le difficoltà che ciascuno di noi può avere nel conciliare impegni di lavoro, affetti, famiglia o altri interessi, ritengo che tutti debbano dare il loro contributo affinché l’aspetto associativo sia valorizzato sotto ogni sua forma: lezioni tecniche, raduni, attività ludiche, tornei tra colleghi…

Eccoci alla fine della nostra intervista. Abbiamo parlato della tua carriera dagli inizi fino ai massimi livelli nazionali, abbiamo parlato della tua nuova attività all’interno dell’Associazione, abbiamo parlato dell’AIA e della vita Sezionale. Ora, per concludere, penso sia corretto provare a trovare un consiglio per i colleghi meno esperti e magari all’inizio di questa avventura. A un giovane arbitro alle prime armi cosa consiglieresti?
L’inizio dell’attività arbitrale può essere molto gioioso e “facile” oppure molto complesso, in relazione al carattere del ragazzo o della ragazza ed alle precedenti esperienze sportive, soprattutto calcistiche. In questa fase il supporto dei tutor e degli osservatori è certamente un aiuto per un veloce e positivo ambientamento nel ruolo, e sarà tanto più efficace quanto il ragazzo o la ragazza sapranno approfittarne.
E’ poi molto importante per i “novelli fischietti” frequentare la sezione e relazionarsi con i colleghi più anziani per chiarire dubbi, approfondire aspetti regolamentari, organizzare le trasferte, confrontarsi su problemi e condividere stati d’animo.
E’ poi assolutamente fondamentale, se si vuole crescere e migliorarsi, che si dedichi tempo e lavoro alla propria condizione atletica ed alla conoscenza del regolamento.
E poi tanta, tanta umiltà…

L’intervista si chiude con una considerazione molto importante: “tanta, tanta umiltà”. Infatti, essere arbitri è continuare a crescere gara dopo gara senza mai fermarsi, credere nelle proprie forze e impegnarsi sempre al massimo a tutti i livelli. L’AIA non è solo un’istituzione, ma è soprattutto una famiglia nella quale ne siamo tutti parte attiva e possiamo contribuire, anche con poco, alla sua crescita.